F.1 GP Belgio, perdersi a Spa come se le curve fossero un luna park

di Giuseppe Magni testo e foto
Sono stato un po’ in giro questo pomeriggio, a respirare il venerdì di Spa. Non è mai un giorno banale; da queste parti, in effetti, la banalità non esiste. È completamente bandita, cancellata da curve che sono looping mozzafiato, da pendenze che piacerebbero a Simone Moro, l’alpinista campione degli ottomila. Ci facevo caso, per l’ennesima volta, guardando, gustando ogni metro, ogni centimetro di questa pista a cui oggi pure il cielo blu ha sorriso. Nei suoi sette chilometri di sviluppo, non esiste un metro che sia pianeggiante: o si sale, fino a dopo Les Combes, oppure si scende, fino a Stavelot. Si risale, fino a la Source, per poi picchiare su Eau Rouge e poi impennarsi sul Radillon, come quei moti dell’anima, quelle emozioni incontrollabili e fortissime che ti fanno ridere e piangere insieme, respirare affannosamente, chiudere lo stomaco, senza soluzione di continuità e senza che tu riesca a fare niente per controllarti…Mi sarebbe piaciuto concentrarmi sui ragazzi, sulle monoposto, per capire di che umore fossero oggi, per raccontarvi chi fosse il più bravo in staccata a Les Combes, chi se la cavasse meglio al Pouhon, o quale team sembrasse conservare meglio le gomme sui long run. Niente di tutto ciò. Spa ha avuto un’altra volta la meglio, mi ha soggiogato, rapito, completamente stravolto. Per l’ennesima volta ha avuto l’arroganza tipiche delle bellissime, di volersi ergere a protagonista assoluta. Non è la F.1 che corre e dà lustro a Spa. È Spa che accoglie e dona una vetrina eccezionale, insostituibile alla F.1. E sì che, pure io, non era la prima volta che la vedevo: ci sono già passato, ho visto tutte le curve con il sole, con la pioggia, con la grandine, perfino con la nebbia. Pensavo di essere controllato, vaccinato alle emozioni, freddo. Mi è bastato affacciarmi alla Source per perdere il controllo. L’uscita da quella curva e il tuffo che si fa giù, giù verso l’Acqua Rossa mi hanno strappato subito una lacrima, una commozione irrefrenabile, peggiorata dalla cornice di un blu del cielo completamente terso, assolutamente inusuale da queste parti…
E sono caduto, ricaduto una ennesima volta preda di un innamoramento folle, irreversibile, incontrovertibile, infinito. Niente analisi tecnica delle prove libere, quindi. Solo uno sguardo allucinato di chi ha perso la testa per la sua bella, e se ne sta lì, immobile ed incantato a guardarla, ad ammirarla, incapace di proferire parola, incurante della sua malcelata indifferenza, completamente perso tra i contrasti dei colori sgargianti delle monoposto, il verde dei secolari, fittissimi alberi della foresta delle Ardenne e un blu del cielo che sembrava dipinto da certi celebri artisti di queste parti… E io, che volevo fare il professionista, l’aspirante inviato della F.1, che volevo gasarmi e vantarmi di essere ormai arrivato al top delle aspirazioni di un appassionato, ho capito che, forse, non è roba per me, che mi ritrovo a piangere come un bambino un po’ cresciuto, senza nessuna remora né vergogna, solo perché sono qui, a Spa Francorchamps, Vallonia, Belgio. Non credo ce la farò mai a fare il cronista vero, quello che vi racconta davvero per filo e per segno quello che succede. È un mestiere difficile, complicato, ci vuole esperienza, competenza, intelligenza emotiva… è completamente impossibile da portare avanti se, come me, sei sempre troppo felice…Troppo coinvolto, troppo batticuore, troppo innamorato per essere obiettivo, per darvi una opinione sensata, permeata da quella tecnica che qui non sembra avere nessun senso, dato che sembra tutta solo poesia… Non bisognerebbe essere dominato dalla piena di emozioni che scende e travolge ogni realtà, proiettando chi scrive in un’altra dimensione, fatta di sogni, di mondi celestiali, di cieli solo blu e di macchine solo rosse… E chi potrà esserlo mai?
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