CONTROMANO:C’ERANO UNA VOLTA I CAVALIERI DEL RISCHIO MA IN VERITA’ CI SONO ANCORA!

RODOLFO INTELISANO

 

I cavalieri del rischio una definizione inventata da quel grande giornalista sportivo, “il Direttore” per antonomasia di quella che era la bibbia dell’automobilismo sportivo in Italia, Autosprint, Marcello Sabbatini. Erano anni di tragedie, a volte assurde come quella del povero Ignazio Giunti, i piloti erano considerati quasi alla stregua di gladiatori, senza infamia e senza paura. Dei veri eroi per noi ragazzini, appassionati di questo sport allora crudele e meraviglioso.

Sono trascorsi i decenni, dalle tragedie degli anni 50-70, nei decenni successivi la sicurezza è cresciuta poco a poco, fino a fare passi da gigante ma a chi pensa che oggi le corse in automobile, non siano uno sport pericoloso occorre ricordare le tragedie di Bianchi, della De Villota, di Hubert. Il rischio è sempre presente e la passione, l’audacia, che muove un pilota, non sono cambiati.

Campioni come Alonso, come Vettel, per quello che hanno fatto vedere domenica, starebbero a pieno titolo in un Gran Premio degli anni 70 e lo stesso tanti altri, da Verstappen a Hamilton, passando per Leclerc. L’ardore agonistico di questi ragazzi non è diverso da quello dei piloti del passato, quello che purtroppo è cambiato è il contorno: inizialmente con la migliore intenzione, che era quella di limitare per quanto possibile i rischi si è finito con i lasciarsi prendere la mano così che il gesto sportivo del pilota viene analizzato, vivisezionato, spaccato in quattro come si dice del capello.

Un errore di valutazione, possibilissimo a 250 all’ora, quando fra l’incidente e non passano pochi millesimi di secondo viene analizzato, studiato, giudicato e punito alla stregua della peggiore scorrettezza. Eppure persino un giudice digiuno di corse, chiamato a giudicare il, allora non ancora grande Jim Clark, per l’incidente che costò la vita a Wolfang Von Trips e a 14 spettatori nel tragico Gran Premio d’Italia del 1961 lo aveva capito. Scriveva infatti quel giudice: “nessun rimprovero può essere mosso a Clark per la condotta tenuta, condotta che, alla luce dei fatti, può ritenersi audace, forse eccessivamente audace, ma l’audacia è un dato indefettibile dello sport automobilistico”.

Oggi l’eccesso di zelo dei giudici, lo strabordare di regole, i track limits, non fanno altro che imbrigliare l’audacia del pilota, la annichiliscono, uccidono il lato romantico di questo sport che era bellissimo ma lo diventa sempre meno, se le gare si decidono nella sala dei giudici, libroni di regole da rispettare alla mano, anziché in una sana e sportiva battaglia in pista. Si dice che oggi un pilota come Villeneuve non potrebbe esserci, sarebbe sanzionato ad ogni gara. Purtroppo vero, verissimo, ma si dice anche il contrario: non ci sono più i piloti di una volta e su questo non concordo.

L’Alonso che si ributta in pista dopo essere volato in alto e aver picchiato contro il guard rail, e rimonta come una furia fino al settimo posto è un pilota degnissimo di correre anche nei celebrati “seventies” e lo stesso Vettel con i suoi sorpassi all’esterno al curvone di ritorno di Austin ricorda il “leone” Mansell alla Peratalda del Hermanos Rodriguez nel 90. E’ cambiato il contorno, infatti ad esempio la Peratalda non c’è più e nel prossimo week end i piloti gireranno in una specie di gimkana che passa sotto le tribune dello stadio del baseball ma statene certi, se ci fosse ancora la Peratalda nessuno di loro alzerebbe il piede in quel punto.

La sanzione inflitta ad Alonso, i 30” per aver perso uno specchietto, che non esito a definire vergognosa, umilia il gesto sportivo, umilia lo sport. Che vantaggio ha tratto Alonso della perdita dello specchietto? I giudici avrebbero dovuto allora fermarlo subito, alla prima avvisaglia di eccessiva vibrazione che preludeva al distacco per il rischio che lo specchietto, staccandosi, andasse a colpire un altro concorrente.

Non se ne sono accorti? Sanzionino se stessi! Perso lo specchietto non sussisteva più alcun pericolo. Del resto la velocità da bradipo dei giudici nel prendere le decisioni in uno sport che fa della velocità il proprio emblema è oramai proverbiale, tranne quando occorre sanzionare Leclerc per regalare alla Honda una vittoria nel mondiale sulla pista di casa. Il caso di Alonso non è il primo purtroppo ma questa volta si è passato davvero il segno e allora sono i ragazzi che devono alzare la voce e farsi sentire perché il loro gesto sportivo non può essere regolarmente annichilito o addirittura cancellato, dopo aver rischiato la vita in pista, da chi se ne sta comodamente seduto davanti ad un monitor. Un bravo giudice è quello che interviene il meno possibile e non influenza con il suo intervento il risultato di una battaglia in pista.

Basta track limits, si alzino i cordoli piuttosto, come erano nei settanta o si metta la ghiaia all’esterno delle curve e vedrete che nessuno più uscirà dall’asfalto, invece si fanno cordoli bassissimi, fatti apposta per salirci sopra, però si mettono i sensori per controllare se una ruota è andata un millimetro oltre la riga bianca. Non è un controsenso? Non sembra ridicolo tutto ciò? A me e a tanti altri si.

Sarebbe indispensabile avere un giudice unico per una uniformità di giudizio (Perez non rispetta la distanza minima di dieci auto in regime di Safety Car viene ascoltato a gara finita e non sanzionato: giusto, una regola contorta non può e non deve cancellare il gesto sportivo, poi però a Gasly, per la violazione della stessa regola, si danno 10 secondi di penalità, perché? Forse per il semplice motivo che tanto non è in lotta per una posizione che conta? Ma per un team di seconda fascia anche un punto conta! Eccome!

E’ questo un modo accettabile di applicare le regole? Regole peraltro confuse, contorte, fatte apposta per essere interpretate e che sono solo un cappio al gesto sportivo. Il risultato di una gara lo deve cambiare solo un reclamo accolto per una vera violazione delle regole, come era un tempo, quanto il tutto non era degenerato, la corsa la decidevano i piloti in pista e non i notai della FIA e vinceva lo sport, insomma lasciateli correre!

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