CONTROMANO LEWIS HAMILTON, le scelte, le occasioni e il caso parlando di Ferrari

DI RODOLFO INTELISANO

Lewis Hamilton si domanda perché non ha mai corso per la Ferrari. La risposta è semplice: perché ha vinto sette titoli mondiali ed è in lotta per l’ottavo senza guidare una Ferrari. Lewis Hamilton non ha mai corso per la Ferrari perché nel 2012 fu convinto d Niki Lauda a lasciare la McLaren e passare alla Mercedes, Mercedes che al momento non era assolutamente una vettura vincente e ricordo ancora i commenti sarcastici di piloti e team manager di squadre concorrenti che parlavano senza mezzi termini di sollievo per avere un avversario in meno con cui confrontarsi.

LE PRESSIONI DI LAUDA PER PORTARLO IN MERCEDES

Lauda deve essere stato molto convincente e forse deve aver anticipato qualcosa in merito ai progetti Mercedes sulla nuova tecnologia dei motori ibridi che sarebbe entrata in vigore nel 2014, lasciandogli intendere quanto Mercedes fosse nettamente davanti agli altri su questi nuovi sistemi di motorizzazione. Non lo sappiamo. Seppiamo per certo invece che quella di Hamilton fu una scommessa vinta. Dal 2014 al 2016, nei primi tre anni dei nuovi regolamenti, Hamilton ha dovuto affrontare un solo avversario a parità di macchina: il vecchio amico Nico Rosberg, ma lo ha fatto quasi con sufficienza, con la svogliatezza di chi è consapevole del proprio enorme talento e conta unicamente su quello per prevalere (si, enorme talento, alla faccia di tutti i tifosi ferraristi incazzati che in questi anni non hanno fatto altro che ripetere che vinceva solo perché aveva in mano una macchina nettamente superiore).

ROSBERG, LA SVEGLIA NECESSARIA PER LEWIS

Nei primi due anni ha funzionato ma nella vita, come nelle corse, esistono gli imprevisti, imprevisti che per Hamilton si sono materializzati con il motore rotto in Malesia che gli ha impedito di completare la rimonta su Rosberg dopo che nella prima parte della stagione se l’era dormita alla grande. Nico, da ragazzo molto intelligente qual è, ha capito che mai sarebbe riuscito a battere ancora Hamilton senza quella concentrazione e quella intensità mentale che ha messo nel campionato 2016 e, psicologicamente sfinito, ha capito che mai sarebbe riuscito a ripeterla e si è fatto da parte.

BOTTAS BRAVO, MA ROSBERG ALTRA COSA

Da quel momento in poi Hamilton ha avuto per compagno di squadra un buon pilota come Bottas, valido ma lontanissimo dal suo talento e ha avuto gioco facile in tutti gli anni a venire dal 2017 al 2020. Nel frattempo la Ferrari, dopo averci provato con Alonso a vincere il campionato ed esserci quasi riuscita senza la sciagurata decisione di Abu Dhabi, ci provava con Vettel. Ma quando un pilota, per tenere il passo di chi ha una macchina migliore, deve correre sempre “impiccato” e più facilmente portato all’errore e l’ambiente Ferrari non perdona niente e così Vettel da salvatore della patria si è trasformato in un asino incapace che vinceva solo grazie ad una Red Bull nettamente superiore.

VETTEL E ALONSO, TRITATI DAL SISTEMA FERRARI

E qui aprirei una parentesi sul solito, consunto, vecchio discorso: il campionato lo vincono solo i migliori piloti con la macchina migliore. Senna ha dovuto aspettare la imbattibile McLaren-Honda per vincere il mondiale, Mansell la imbattibile Williams-Renault FW14B del 92. Senza la macchina il tuo talento ti può permettere di vincere qualche gara in situazioni particolari, e penso al Senna del 93 e allo Schumacher del 96 come esempi lampanti, ma non di vincere il campionato.

HAMILTON FORTUNELLO, MA SENNA E MANSELL CON MCLAREN E WILLIAMS?

Quindi perché mai Hamilton avrebbe dovuto lasciare una macchina nettamente superiore, con un compagno di squadra che non gli creava problemi, per andare ad inguaiarsi in una situazione tecnicamente e umanamente difficile come quella che avrebbe potuto proporgli la Ferrari? Si cambia squadra per cercare una vettura vincente o una nuova sfida quando si guida una macchina da centro classifica (Alonso da Renault a Ferrari nel 2010) oppure perché ci si accorge di essere perdenti nel confronto con un nuovo arrembante compagno di squadra (Vettel da Red Bull a Ferrari nel 2015, dopo aver perso nettamente il confronto con Ricciardo) ma nessuna di queste condizioni si è creata per Hamilton in tutti questi anni e allora si resta dove si è.

IL PIU’ VINCENTE, MA ANCHE IL MIGLIORE?

Intanto gli anni sono passati, campionato dopo campionato, e Hamilton ha continuato a vincere diventando il pilota più vincente della storia della Formula Uno (il che non significa necessariamente il migliore, i numeri non dicono tutto ed è impossibile confrontare piloti di epoche tanto diverse, ma sicuramente uno dei migliori). Poi arrivi a fine carriera, o quasi, e ti chiedi perché non hai mai guidato una Ferrari. Forse, probabilmente, se la Mercedes non fosse stata quella macchina da guerra che è stata fino al 2020 e la Ferrari una macchina vincente, l’occasione si sarebbe creata. Ma le cose sono andate diversamente. Ricordo un solo pilota che ha lasciato una vettura vincente per prendere una macchina da terza fila e, con fatica, dopo anni, riportarla su, fino a creare un lustro di dominio incontrastato: Michael Schumacher. Ma questa è un’altra storia.

Rodolfo Intelisano

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