A Giampaolo Dallara il trofeo Brambilla: “Enzo Ferrari mi ha attaccato il virus per le corse”

DI PAOLO CICCARONE FOTO MASSIMO CAMPI
Il Trofeo Vittorio Brambilla è una istituzione in quel di Monza che premia tutti gli anni le personalità che si sono distinte nel mondo automotive. Motore di questa iniziativa i ragazzi del Ferrari Club Vedano con in testa la famiglia, il fratello Tino e il figlio Roberto. Quest’anno il trofeo è stato assegnato all’ingegner Giampaolo Dallara che ha riscosso un notevole successo. La sala, infatti, nonostante l’ora mattutina, era gremita in ogni ordine di posti, con gente in piedi e l’autodromo di Monza era stato aperto appositamente per questo evento. Fra ricordi, aneddoti e uno sguardo sul futuro, abbiamo scambiato qualche battuta con l’ingegner Dallara.
– A quanto pare a Parma si fa fatica a trovare i quattro per giocare a carte con lei…Aldo Costa, Mario Almondo e Luigi Fraboni, tre tecnici di primo piano, preferiscono evitare… Ma è così pericoloso stare al tavolo con lei?
“Ho letto, ho letto – dice ridendo l’ingegner Dallara – ma cosa dicono di me? Che sono pericoloso? Ma no, diamo loro il tempo di imparare, magari giocando con me qualcosa la imparano davvero…”.
– A Varano ha creato un polo tecnologico di altissimo livello: quanta gente lavora?
“Siamo, nel gruppo, 650 persone, di cui 450 lavorano a Varano, il resto fra gli USA e l’altra sede in provincia. Abbiamo circa 400 ingegneri impegnati nelle varie ricerche. Diciamo che per essere appassionati di auto e motori, abbiamo messo su un bel gruppo di lavoro”.
– Un gruppo di lavoro che sforna personale qualificato con l’academy…
“Sì, abbiamo appena concluso un corso su meccanica e progettazione. Avevamo ragazzi di Ferrari, Ducati, Maserati, Lamborghini. Gente capace, brava. Devo dire che le nostre scuole sono fantastiche, perché preparano la gente al meglio. Non ho mai visto così tanti ragazzi preparati, appassionati, pronti e svegli oltre che reattivi. Posso dire che i nostri ingegneri, dico gli italiani, hanno una marcia in più e questo perché le nostre scuole, per quanto svilite dalla percezione comune che se ne ha, sforna personale preparato. Gente che impara che deve imparare e questa è una bella soddisfazione. Volendo tradurre un detto della mia città in italiano, è un peccato invecchiare, perché quando vedi cosa c’è ancora da imparare, ti viene voglia di stare qui in eterno…”.
– Si è parlato dei successi in tutto il mondo dagli USA all’Asia, F.1, Indy, WEC, non c’è settore dove non ci siete voi coi vostri veicoli…
“Vero, ma la svolta c’è stata anni fa, con Jim Hall della Chaparall. Aveva capito per primo l’importanza dell’aerodinamica, con gli alettoni mobili, poi i radiatori laterali, l’effetto suolo, cose che anni dopo riprese Colin Champan con la Lotus con le bandelle mobili, i radiatori di lato. A quel tempo non sapevamo cosa fosse la sicurezza nelle auto, lo stesso dicasi per le vetture stradali. Oggi al primo posto c’è la sicurezza nella fase di progettazione, poi lo sfruttamento di quanto si è imparato nel corso degli anni. Io ho semplicemente copiato dei principi e dei concetti sviluppati da altri, applicandoli alle nostre vetture. Devo dire che un po’ mi è spiaciuto non vedere gli altri copiare noi, però ho sempre la speranza, vedendo a che livelli siamo arrivati nel motor sport, che qualcuno un giorno inventi qualcosa di rivoluzionario come fecero anni fa i personaggi citati prima”.
– Veramente si racconta che la nuova McLaren GT, appena vista su internet, abbia fatto dire a uno dei suoi ingegneri che l’avevano copiata dalla Dallara Stradale…
“E’ vero, mi sono detto: va là che una volta tanto copiano anche noi. Mi ha fatto piacere e non lo nego”.
– Da appassionato di motori, come vede la situazione alla Ferrari con Vettel e Leclerc in lotta? “Intanto diciamo che io ho cominciato a lavorare alla Ferrari, è stato lì che ho preso il virus per i motori e non me lo sono più tolto di dosso. Vettel è stato un campione del mondo e sa che può esserlo ancora. Leclerc ha capito che può diventare un campione del mondo e vuole diventarlo. E’ una situazione difficile da gestire, capisco perfettamente Mattia Binotto. Dare consigli o soluzioni? Ma no, non sono la persona adatta. Sarà la pista a decidere e saranno le circostanze. Io amo la Ferrari, devo a loro la mia passione. La Ferrari c’era e ci sarà ancora in F.1, è l’essenza stessa della F.1, è un fatto unico nel panorama mondiale. Si scontra contro colossi che hanno più risorse di Maranello ed è sempre stato così anche in passato contro i colossi dell’auto. Ricevere un premio a Monza, da un club Ferrari in memoria di un grande pilota come Vittorio Brambilla, beh oltre che farmi piacere mi emoziona moltissimo”.
– Quando ha cominciato la sua attività a Varano, avrebbe mai pensato di arrivare a questi livelli? Creare una eccellenza mondiale nel campo dell’automotive?
“Veramente pensavo a tutte le volte che ho preso delle batoste. Mi spiego con un esempio. Abbiamo deciso di entrare nel mondiale prototipi con una LMP2. C’erano già Oreca, Ligier, altri costruttori. Era bello perché ci saremmo confrontati con loro. Ebbene, abbiamo preso di quelle batoste che non le dico. Facevano male tutte le domeniche vedere come le prendevamo. E poi il regolamento impediva di fare sviluppi per 4 anni, quindi c’era un lungo periodo di sconfitte da affrontare. Ebbene, mi è capitato come quando tornavo in auto dalla Sicilia dopo una gara di F.3. Rimuginavo per strada sulla batosta, poi a Salerno mi fermavo a dormire e riprendevo il viaggio pensando a come rifarmi, a come rimediare e andare avanti. E’ questo lo spirito che mi ha animano e che anima i miei collaboratori. Tanto per dire, poi a Daytona e Sebring gli altri nei prototipi li abbiamo suonati noi, questo per dire…”.
– Una bella sfida, senza dubbio emozionante. E’ stato senza dubbio difficile…
“Guardi, se penso alle cose difficili in questo momento, mi viene in mente il Parma. Mi sa che vincere lo scudetto sia la sfida più difficile che dovremo affrontare, altro che fare macchine da corsa che vincono le gare. Ma chissà…io ci spero ancora, e lei?”.
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