SUPERMOTO, DOVE “SI FA IL TEMPO” A BUSCA

Testo e foto MARCO FERRERO

 

Gli appassionati della Supermoto, disciplina motociclistica che si corre su tracciati “misti”, dove l’asfalto della pista si alterna, in una percentuale che dovrebbe essere all’incirca del 30% sul totale della lunghezza della pista, a fondi in terra piuttosto che a parti miste asfaltate caratterizzate da asperità, gobbe, salti o “whoops”, ben conoscono la pista di Busca, ormai un classico nel panorama del Campionato Mondiale ed Europeo della specialità.

Il kartodromo “Kart Planet” della cittadina cuneese è un bel tracciato di oltre 1,5 chilometri, tanto veloce quanto altrettanto tecnico, che sa esaltare le capacità di guida e che , storicamente, ha sempre premiato i rider migliori, un circuito sul quale vi sono un paio di “allunghi” importanti, non tanto fondamentali perché favoriscono i sorpassi ma perché guidano a curve la cui staccata può far assistere a duelli in frenata e sorpassi mozzafiato e dove le curve sono di tutti i tipi, da stretti tornanti a curve veloci, oppure più lente in entrata e più veloci in uscita e viceversa.

Il tracciato, sede della prima tappa del Campionato Mondiale 2022, ha fornito qualche spunto di riflessione, basandosi sul comportamento dei protagonisti in gara, per analizzare come gli stessi abbiano saputo interpretare il tracciato, e di comprendere dove e come gli stessi fossero nel caso stati in grado di “fare la differenza” e guadagnare non centesimi ma decimi di secondo sugli avversari nel corso dei loro passaggi.

Osservando il modo di guidare dei riders nel corso delle sessioni di prova ed in gara non è stato difficile realizzare, al netto del fatto che i piloti migliori dispongano delle moto più performanti, come su quel tracciato sia la parte cosiddetta “mista” quella dove “si faccia il tempo”, quella dove i più bravi, i più tecnici, i campioni insomma, sappiano guadagnare tempo e sfruttare a loro favore quella parte di tracciato che può risultare più “indigesta” ad altri piloti, mettendoli in difficoltà.

Si tratta di due tratti, entrambi molto più stretti di quanto il circuito presenti, nei quali, a differenza della pista che ha una larghezza variabile tra i 10 e gli 11 metri, può passare di fatto una sola moto alla volta, dove I sorpassi sono di fatto impossibili e sono caratterizzati dal fatto che i piloti, passandoci, acquisiscono un’inclinazione che sfiora la perpendicolarità rispetto al suolo.

Due tratti che, tuttavia, permettono una pluralità di traiettorie o, quanto meno, una diversa modalità di interpretare quei passaggi, soprattutto in ingresso, probabilmente l’approccio che risulta determinante ai fini di guadagnare tempo in quel settore.

La prima parte si trova dopo le prime tre curve dopo la partenza, due doppie curve destra – sinistra a ferro di cavallo, inframezzate da un salto decisamente alto, lungo e da gestire sapientemente, dove il passaggio è di fatto uno solo, ma la cui “lettura” può essere variegata e si presta a traiettorie diverse, da affrontare in modo “pulito” e senza sbavature, soprattutto per percorrere il tornantino di uscita con la velocità più elevata.

Un tratto asfaltato (Busca non presenta tratti sterrati) altamente spettacolare ma che necessita di grande tecnica di guida e di sensibilità, e dove un errore anche impercettibile può riverberarsi nel tempo sul giro.

Il secondo è una curva parabolica sita a circa 2/3 del tracciato, di inclinazione tale che, al loro passaggio, i riders si trovano I fatto quasi perpendicolari rispetto al punto di osservazione di chi guarda, che viene presa quasi “in pieno”, dove è necessario un “pelo” non indifferente, ed il cui punto determinante è molto probabilmente l’uscita, dove un salto riporta la traiettoria su un rettilineo, la cui velocità in uscita può far guadagnare preziosi decimi di secondo.

Due punti altamente tecnici, insidiosi e che sicuramente fanno la differenza tra i campioni della disciplina e gli “altri”, due punti laddove è sempre interessante soffermarsi per valutare i comportamenti dei riders in gara.

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