Settembre nero per la rossa, Ferrari senza scintilla…

Ferrari, è mancata la scintilla. Si potrebbe riassumere così il ritiro di Vettel dal GP del Giappone dopo 4 giri di gara a causa di una candela difettosa, almeno secondo quanto hanno detto loro a Maranello… E’ una sconfitta pesante perché con i 25 punti incamerati da Hamilton il mondiale si allontana, anzi si spegne a lume di candela quel sogno coltivato per 12 gare in cui la rossa ha fatto sognare. Per Maranello è stato un settembre nero, a Monza ha perso la testa del mondiale con un Hamilton che ha preso 25 punti contro i 15 di Vettel, a Singapore altra vittoria e 25 a 0, in Malesia sono stati 18 a 12 e in Giappone altri 25 a 0.

 

Il risultato è che dal Belgio, in cui la Ferrari era davanti, ad oggi siamo passati a meno 59 punti. Un disastro sotto il profilo psicologico, acuito dal fatto che la Ferrari è apparsa sempre più competitiva rispetto alla Mercedes. Perdere perché si è inferiori dà fastidio, perdere quando sai di avere in mano una vettura superiore, capace di adattarsi a tutte le piste in maniera migliore dei rivali, fa girare le balle all’ennesima potenza. Ma cosa sta provocando questa moria di affidabilità della rossa? Di sicuro è qualcosa che ha che fare coi controlli qualità.

 

Non è possibile che gli stessi pezzi usati per 12 gare a un tratto si rompano se non sono stati modificati. Il controllo avviene in fabbrica, ma qua si rompe tutto in pista. Se uno come Vettel gira per quattro sessioni senza problemi dimostra di essere competitivo, come mai nel giro di formazione cede una candela (ripetiamo, è quello che hanno detto loro e uno banalmente potrebbe dire: cambiatela invece no…) che fino a quel momento non ha dato problemi? Vettel ha parlato di stanchezza. Ci può stare, ma questo significa che sulla griglia, nelle operazioni di controllo della vettura qualcuno ha toccato qualcosa, magari spostato un cablaggio, un coperchio non serrato a dovere con formazione di condensa. Chissà, ma questo vorrebbe dire dare la colpa ai ragazzi del team, che invece operano sotto tensione anche grazie agli errori dei piloti.

 

A Singapore due macchine distrutte al via e sostituzione di tutto il possibile. In Malesia condotti che cedono, uno dopo 50 km e uno dopo 3000 km, quindi dove è l’origine del guaio? E poi ancora la botta di Vettel nel rientro ai box, che ha costretto a un altro super lavoro. Infine Raikkonen, che stampa la macchina in prova e si deve sostituire il cambio e trasmissione. Mettete tutto insieme, tirate le somme e qualche sbavatura ci può stare. La Ferrari ha detto che in Giappone è stato un problema diverso rispetto alla Malesia.

 

Ok, ci crediamo. Ma se emerge sempre lo stesso problema, alla fine sai dove mettere le mani, ma se i problemi diventano diversi e non sai come si creano, diventa difficile capire se si tratta del caso, di un errore o di una svista. Per questo, come ha detto Vettel, serve riposo, una analisi a mente lucida per ritrovare il filo interrotto. Perché questa, per quanto possa sembrare strano, è e resta una Ferrari da mondiale, una squadra capace di rimontare tecnicamente il divario e di mettere in pista una vettura, forse la migliore del mondiale, capace di vincere. Se lo ha fatto fino ad agosto comandando le classifiche iridate, non si capisce perché ora non debba essere in grado di farlo ancora.

AUTOMOTO.IT

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