Intervista a Charles Leclerc, Professione predestinato

 

Professione predestinato. Charles Leclerc sembra non aspettare altro dal momento in cui ha messo le ruote in pista per la prima volta. Pilota della Ferrari Driver Academy quasi fin dal kart, poi il titolo GP3 e l’anno scorso F.2, col titolo mondiale della categoria vinto con la scuderia italiana PreMa Racing, e poi la Sauber Alfa Romeo nel debutto in F.1. E ora indicato da tutti come prossimo pilota della Ferrari al posto di Raikkonen. Il vecchio (Kimi) e il giovane (Charles) i paragoni si sprecano. Ma mentre uno ha già dimostrato tutto, o molto, (un mondiale, vittorie e pole position) l’altro, Leclerc, nato a Montecarlo il 16 ottobre 1997, dove vive, deve ancora scrivere la sua pagina da campione. Il fatto che sia gestito dal  management di Nicholas Todt, il figlio di Jean il presidente della FIA e artefice dei successi della rossa ai tempi di Schumacher, incute timore e rispetto al tempo stesso. Essere associato a Ferrari è un onore ma anche uno stress. Appena sbagli, li hai tutti addosso…

 

“La Ferrari è un sogno che mi porto dietro da quando ero bambino, far parte di questa squadra per me è un onore, ma continuo a ripetermi che non devo distrarmi, non devo pensare al prossimo anno e a quello che potrebbe accadere. Devo restare concentrato su questa stagione e su quello che devo fare. Spingere al massimo e ottenere il massimo possibile. Sbagliare è un attimo e non voglio vanificare questi sforzi”.

 

– Eppure ci sono molti apprezzamenti, entrare nella Top 10 in qualifica e in gara per un esordiente con una macchina poco competitiva è un bel segnale…

 

“Quando sono entrato la prima nella Q3, accedendo alla top 10, non potevo crederci, per noi è un risultato molto importante e riuscire a far parte dei primi 10 non è facile, per cui via radio ho urlato la mia gioia. Ma in ogni caso non mi aspetto mai niente di più, penso solo a spingere, a concentrarmi su chi ho davanti e gestire la macchina. Se arrivano i risultati, meglio. Per me è importante sapere di aver fatto il massimo”.

 

– Eppure l’inizio stagione non è stato facile, dopo tre gare sono piovute delle critiche, sempre dietro ad Ericsonn, un talento millantato…Eppure ha tenuto botta!

 

“Passare dalla F.2 alla F.1? Lo confesso, il salto è stato superiore alle mie aspettative, pensavo sarebbe stato difficile, ma non così. Oggi un debuttante in F.1 ha più problemi rispetto al passato, perché una volta i piloti potevano debuttare dopo aver percorso parecchi km di prove, oggi invece no. Le prove le fai al simulatore e poi quando entri in macchina davvero, devi scoprire tutto un mondo nuovo. Non fai molti km di test, per cui arrivi alla prima gara che guidi a intuito, a sensazioni, scopri giro per giro come va una F.1. Un conto è il simulatore di F.1, un altro guidarla davvero. Ecco, su questo chi ha debuttato prima di noi piloti ultima generazione, è stato avvantaggiato. Dopo le prime due gare era molto difficile per me capire dove fosse il problema, per fortuna non ho fatto molti errori e non mi sono fatto travolgere dalle critiche della stampa che mi accusava. Ho pensato solo a focalizzare i miei obbiettivi, pensare a dove potevo migliorare. La gente si aspettava molto da me, lo capisco, ma forse loro non hanno considerato quanto fosse difficile fare il salto dalla F.2 alla F.1”.

 

– La svolta poco prima di Montecarlo, la sua gara di casa…

 

“Beh, forse sono fortunato perché di gare di casa ne ho parecchie. Montecarlo, perché è dove sono nato e vivo, Monza perché è l’Italia ed è vicinissima al principato, e io in parte mi sento italiano e amo l’Italia, poi c’è la Francia. Insomma, ho tre gare di casa per fare bene!”.

 

– Essere nell’orbita Ferrari mette addosso molta pressione, sia negativa sia positiva, come fa a gestirla visto che è molto giovane e non è facile?

 

“Onestamente non sento molta pressione su di me. Io cerco solo di pensare a quello che devo fare giorno per giorno, perché il futuro non lo posso gestire o affrontare adesso. Anche l’anno scorso, quando ero in F.2, si parlava di me come prossimo pilota di F.1. Ho dovuto superare la morte prematura di mio padre, eppure avevo una gara subito dopo e l’ho vinta. Ricordo ancora le urla che ho lanciato perché era dedicata a lui quella corsa. Un momento difficile sotto tutti i punti di vista. Non mi sono fatto prendere dalla frenesia e dall’ansia, ho pensato solo a quello che dovevo fare. La filosofia di un passo alla volta. Quest’anno devo fare esperienza, concentrarmi su quello che devo fare e ottenere il massimo. Poi leggi Leclerc in Ferrari, beh era un sogno per me e credo lo sia per qualsiasi pilota che sogna la F.1. La speranza che si avveri”.

 

– In una situazione simile riesci a non perdere di vista i suoi obiettivi? In fondo la Ferrari è una sirena molto forte…

 

“Sì, credo di poterlo fare. Forse di sicuro è stato più difficile l’anno scorso quando lottavo per il titolo mondiale di F.2 e a un certo punto si parlava del salto nella categoria maggiore. Io dovevo vincere il campionato, mica potevo distrarmi, anche se la cosa mi prendeva molto bene. Per cui il futuro in rosso lo sogno, ma ho una stagione da finire al meglio”.

– Porta i colori Alfa Romeo sulla sua Sauber, un marchio storico e prestigioso nelle corse, cosa significa per lei?

“Per me è un onore, perché ho studiato la storia di Alfa Romeo ed è incredibile cosa c’è dietro questo marchio. Mi spiace solo che in questo momento non siamo una squadra vincente, come meriterebbe questo marchio. Sono felice di portare questo logo sulla mia tuta, in fondo io ho corso per anni in Italia, sono legato alla FDA, Ferrari Driver Academy, e corro coi colori Alfa Romeo. Diciamo che siamo molto italiani sotto certi aspetti”.

 

– Quando ha scoperto cosa voleva dire Alfa Romeo nel mondo delle corse?

“Quando ho fatto la  Mille Miglia e ho visitato il museo di Arese. Ho visto la gente lungo la strada tifare, agitare le bandiere. Non avevo mai visto niente del genere prima, è stata una grande sorpresa vedere cosa rappresenta per la gente il marchio Alfa Romeo, cosa sia la sua storia. E mi sono intimidito al pensiero che oggi la rappresento io sulle piste del mondiale…”.

 

 

 

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