F.1 Alex Caffi, salvo Vettel ma Arrivabene da cacciare prima

 Alex Caffi al recente GP Monaco Storico (Foto Autosprint)

 

A vederlo ha sempre la stessa aria sbarazzina di quando debuttò in F.3 e poi arrivò in F.1, ma oggi Alex Caffi viaggia per i 55 anni (è nato il 18 marzo 1964 a Rovato, Brescia) e la passione per le corse non l’ha persa affatto. Anzi, fra un GP Montecarlo storico, una esibizione al Minardi Day o dove capita, qualche gara con la Nascar Euroseries e tanto altro ancora, Alex è diventato un manager e imprenditore che ama guidare. E seguire le corse con passione. “Certo – dice in una fredda giornata di gennaio in un aeroporto prima di imbarcarsi per il Portogallo – guardo e seguo le corse con passione. Posso dire però che a vedere come guidano oggi e come lo facevamo noi, questi fanno un altro mestiere…”.

 

In che senso fanno un altro lavoro? Sempre di guida e corse si tratta…
“No, capiamoci bene. Noi ai nostri tempi avevamo meno elettronica e si guidava fisicamente la macchina, si cambiava con la leva. Si doveva andare forte e spesso si sbagliava. Il guaio è che quando sbagliavi facevi danni e rischiavi molto. Oggi vanno forte ma sbagliano poco o niente e se lo fanno ci sono ampi margini di manovra per correggere. Hanno vetture così complicate che non so se sarei in grado di guidarle, per cui osservo, apprezzo e applaudo. Fare confronti con la mia generazione è sbagliato, facevamo un altro lavoro rispetto ai piloti di oggi…”.

 

Però hai dei bei ricordi se non sbaglio…

“Sulla Dallara della Scuderia Italia di sicuro, periodo stupendo, Dallara persona eccezionale e le sue vetture da primato, in tutte le categorie, lo vediamo anche oggi. Poi il periodo alla Footwork. Primo anno, nel 90, con Alboreto al fianco nemmeno troppo male, poi il 91, meglio lasciar perdere…”

 

Ricordiamo un incidente spaventoso a Montecarlo, poi la fine della carriera…

“Ho anticipato la curva alla esse della piscina, poca cosa, il tanto che bastava però per aprire una ruota e andare a sbattere e piegare in due la macchina. Tremendo”.

 

quello che rimane della Footwork a Montecarlo dopo l’incidente in prova

 

Ricordo che ero lì e sono venuto vicino per vedere come stavi, ma non avevi le idee chiare, chiedevi cosa fosse successo, se era stato un camion…

“Eh eh eh, davvero? Chi si ricorda. Anzi, posso dirti che per 15 giorni di fila non ho capito niente, completamente rintronato, non sapevo nemmeno come mi chiamavo!”.

 

Anno da buttare, quindi?

“Sì e posso dire per colpa della Porsche. Avevano fatto un motore rivoluzionario, una roba spaziale, infatti si rompeva sempre, si piegava in due, fletteva a metà motore (erano due V6 messi insieme, ndr) e fletteva negli attacchi al telaio. Avessero fatto una cosa normale, oggi racconteremo un’altra storia. Invece no, han voluto fare i fenomeni perché fare le cose semplici non era da loro e guarda i risultati. Oggi è un’altra storia, sui motori più complicata ma altra vita direi”.

 

Ciò non toglie che qualche idea te la sarai fatta sui piloti attuali…

“Ovvio e dico che chi accusa Vettel sbaglia il giudizio. Certo, ha fatto degli errori, sono evidenti e li sa pure lui. Ma ad esempio, il fatto che sia uscito di pista in Germania quando era primo, è stato un errore, ma si deve capire che in certe condizioni lo sbaglio ci sta. Era primo, era bagnato, aveva gomme da asciutto, basta poco per uscire. E’ capitato, fine. Gli errori più gravi sono state le ruotate a Monza ad Hamilton al via, in Giappone con Verstappen o quando a Baku abboccò all’amo di Hamilton in regime di safety car. Ecco, quelli sono sbagli da evitare, ma me lo vedo in Ferrari dover stare attento a tutto, qualcuno in alto che ti rompe le scatole, tu che scendi in pista cercando di avere un margine di sicurezza, senza sbagliare, poi finisci a ruotate. Ovvero quello che volevi evitare di errore, è il primo che fai...”

 

 Caffi oggi, pilota e team manager nonché imprenditore di successo

 

Quindi assolvi Vettel fino a un certo punto?
“certo, anche perché credo che Hamilton e la Mercedes in questi anni continuino a giocare al gato col topo con la Ferrari. Ovvero, quando Vettel crede di averlo preso o avere qualcosa in più, loro tirano fuori quel piccolo margine di vantaggio e tu dietro devi inseguire mettendoci di più. Per cui Hamilton controlla e non sbaglia niente, Vettel insegue e sbaglia perché ogni volta che arriva lì, scopre che ne manca ancora un pezzetto. E’ frustrante davvero. E poi non credo che la Ferrari l’anno scorso fosse così superiore alla Mercedes, magari si è avvicinata, in alcune gare era forte, ma nell’insieme ha vinto il team e il pilota migliore”.

 

Da bresciano conosci bene Maurizio Arrivabene, ci hai lavorato insieme quando eri pilota Marlboro, ti ha sorpreso il suo allontanamento dalla Ferrari?

“No, anzi mi ha sorpreso non l’abbiano fatto prima e la sorpresa è stata quando l’anno preso. Il fatto che lo abbiano mandato via non mi ha stupito per niente, l’errore è stato averlo messo in quel posto quattro anni fa. Non era la persona adeguata per quel ruolo, lo sapevamo in tanti, tranne chi ce lo ha messo lì”.

 

Un giudizio severo, forse troppo, ti pare?

“E’ la mia opinione, scrivilo pure, tanto non mi cambia la vita e so di cosa parlo”.

 

 

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