LA SCOMPARSA DI NINO VACCARELLA, la leggenda delle Madonie, campione di sport e di vita

DI PAOLO CICCARONE PER AUTOMOTO.IT

Vaccarella al volante dell’Alfa 33 della Scuderia del Portello in una esibizione di poco tempo fa

Li chiamavano gentlemen driver, ovvero piloti amatoriali, ma era il termine più sbagliato che si potesse usare per descrivere Nino Vaccarella, scomparso a 88 anni. Il pilota palermitano era un professionista a tutto tondo, uno di quei talenti naturali capaci di salire su una F.1 (con cui ha corso dei gran premi in tre stagioni fra il 1961-62 e 65), una sport e una turismo passando per altro.

Importante avesse quattro ruote e un motore. Al volante ci pensava lui. Rappresentava uno di quei piloti old style, dove la classe ed educazione prevalevano su tutto. Alzi la mano chi si ricorda di polemiche o scorrettezze fra lui e altri rivali. Era un maestro di guida ma anche di vita. Lo chiamavano il preside volante perché, dopo la prematura scomparsa del padre, diresse l’istituto privato della famiglia, ma fra il lavoro e il compito di educatore e le corse, spesso le lezioni le dava in pista agli altri.

Uno degli ultimi scatti del preside volante, da Siciliamotori

Era uno specialista di corse di durata, dove serve testa, metodo e visione di gara, dove il rispetto del mezzo meccanico fa, alla fine, la differenza fra vincere e perdere. Ha vinto tre volte la targa Florio, gara sulle strade di casa e di cui conosceva ogni anfratto di quei 72 km di tracciato. Una volta, una quindicina di anni fa, era testimonial a un evento Alfa Romeo, marca con la quale ha corso e vinto, e raccontava di quel tratto di rettilineo, dei riferimenti con lo spigolo di una casa, del perché si spostava al centro della carreggiata invece che stare largo perché c’era un fosso e via di questo passo.

Una fonte inesauribile di storie, racconti, fatti sempre con quella semplicità di chi fa cose difficili in modo semplice. Era un altro modo di correre, il rischio era sempre presente “Sapevamo a cosa andavamo incontro ma lo facevamo con passione” ci disse. E in effetti, vedere quelle curve, vedere i prototipi che si guidavano all’epoca e pensare di andare sul filo dei 300 orari su certe stradepoteva attraversare un bambino o un cane e sarebbe stata una strage” ci disse, mette in un’altra ottica piloti di questo spessore.

Con la Ferrari si cimentò anche al volante della mastodontica 512 colorata di giallo in coppia con lo spagnolo Juncadella. Alla 24 ore di Le Mans, di notte, rifilarono un giro allo squadrone di Porsche 917. Peccato che la rottura della trasmissione impedì in quel 1970 di coronare un successo meritato. Con la scomparsa di Vaccarella finisce un’era fatta di eroismo, capacità e rischio e il tutto affrontato con quello spirito “amatoriale” ovvero di chi ama quello che fa, ma in maniera professionale e puntuale. Ecco perché definirlo gentlemen driver è riduttivo: un pilota gentiluomo semmai, uno cui bisogna solo togliersi il cappello e alzarsi in silenzio rispettando una vita straordinaria vissuta come se fosse qualcosa di ordinario.

Secondo quanto riportato da Siciliamotori, Vaccarella si è spento all’Ospedale Civico di Palermo, dove era ricoverato da tempo. In Formula 1 corse quattro GP: i GP d’Italia del 1961, del 1962 e del 1965, rispettivamente con De Tomaso, Lotus e Ferrari, e il GP di Germania 1962 con la Porsche. Ma Vaccarella si è distinto soprattutto nell’ambito della categoria sport prototipi, in cui vinse il mondiale con Ferrari nel 1964. Nato a Palermo, Vaccarella fu un vero e proprio specialista dell’iconica Targa Florio, gara che vinse tre volte, nel 1965, nel 1971 e nel 1975. La vittoria nel 1965 arrivò su Ferrari 275 P in coppia con Lorenzo Bandini. Nel 1971, invece, si impose su Alfa Romeo 33/3 Sport Prototipo con Toine Hezemans. L’ultimo successo, nel 1975, fu conseguito con Arturo Merzario su Alfa Romeo 33TT12 spyder).

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