F.1 GP Monza, Berger su Vettel:”parla col corpo e si capisce sta male”. E su Hamilton è il top

di Paolo Ciccarone
Un anno fa in Belgio la gioia di una vittoria costruita con testardaggine. Dodici mesi dopo per Sebastian Vettel è tempo di esami. La sua Ferrari dovrebbe essere favorita anche a Monza, almeno a quanto dicono le simulazioni, ma dalla teoria alla pratica il passo non è sempre agevole. Cosa passa nella sua mente non si sa, ma il linguaggio del corpo esprime disagio, tensione interna. Un conflitto fatto di sguardi persi nel futuro, una macchina difficile da capire nel presente. E i dubbi che affollano la testa prima di una decisione. Secondo qualcuno lascerà a fine anno, Vettel smentisce. Ha una missione da compiere, vincere il mondiale con la Ferrari. Ce la farà? Secondo il parere di Gerhard Berger, Vettel ha tutto per fare bene. Ma gli manca qualcosa…
“Diciamo che lui è molto tedesco nel suo modo di fare, pensare e agire. Ha un metodo, preciso e attento. Un ragazzo semplice, poco social come tanti al giorno d’oggi. Sta in famiglia, cura i figli, preserva la sua privacy, non lo vedi mai mondano o al centro di pettegolezzi. Anche Schumacher era molto tedesco nel suo modo di fare. Poi, con gli anni a Maranello, è cambiato. Lui ha portato qualcosa di tedesco nella squadra e la squadra gli ha dato qualcosa di italiano. La differenza sostanziale fra Schumacher e Vettel è che Michael era uno che capiva cosa serviva, si guardava attorno e prendeva la gente giusta da portare al suo fianco. Vettel questa capacità non l’ha ancora mostrata e proprio per questo motivo, se gli manca qualche elemento che lo faccia stare tranquillo, si disperde, da qui gli errori, i problemi e via di questo passo…Non è Schumacher, che sapeva gestire la squadra imponendo ritmi, metodi e persone giuste. Ecco, forse questa è l’unica vera differenza fra i due, entrambi tedeschi nel loro modo di fare, ma molto diversi nell’affrontare le situazioni e risolverle”.
Si parla di un possibile ritiro a fine anno, Vettel ha smentito, ma nella testa di un pilota cosa accade? E poi, fuori dalla Ferrari, dove potrebbe andare?
“Diciamo subito che un pilota come Vettel è ambito da tutte le squadre. Per cui non esiste il problema che se lascia la Ferrari, non abbia alternative. Il problema è trovare le motivazioni per continuare a farlo al vertice. Sono cinque anni alla Ferrari e non ha ancora vinto il mondiale. Ha di fronte forse il miglior pilota del momento, e uno dei più forti di tutti i tempi come Hamilton, e una squadra come la Mercedes semplicemente perfetta. Detto questo, credo che Vettel sia ancora fra i migliori piloti in circolazione, anche se i giovani come Verstappen e Leclerc stanno crescendo molto bene. Il suo problema è nell’atteggiamento. Lo vedi dal linguaggio del corpo, ha qualcosa dentro che non ha ancora messo a fuoco. Mi ricorda il Vettel del 2014 alla Red Bull. Fino a quel momento aveva tutto sotto controllo, poi è arrivato Ricciardo, ha vinto, lo ha battuto e Sebastian ha perso il filo. Mi ricorda la stessa situazione adesso alla Ferrari, con Leclerc veloce, sfrontato, affamato di vittorie. Se Vettel non ha tutto al suo posto, se il quadro non è completo, non riesce a dare il meglio. Da qui errori in pista, errori di valutazione, dubbi su chi lo circonda. E’ un bravo ragazzo davvero, persona splendida”.
Invece un Hamilton alla Ferrari al posto di Vettel come la vedresti?
“Credo che per tutti i piloti vincere un mondiale con la Ferrari sia un sogno, per cui anche Hamilton deve averlo nel fondo della sua testa. Piuttosto, credo che sia il miglior pilota del momento in circolazione. Fa una vita da star, viaggia molto, frequenta il jet set, è impegnato a livello sociale, ma ha una forza interiore da paura. Ecco, in questo mi ricorda Ayrton Senna. Non voglio paragonare i due piloti, impossibile per periodi storici e caratteri personali. Ma in pista Hamilton si spinge a livelli tali di dedizione e prestazione che mi ricorda Senna. Se non è al suo livello, ci va molto vicino. Ha una forza interiore mostruosa. Va forte sul bagnato, va forte sull’asciutto, sopperisce alle carenze della sua macchina quando ne ha, sa gestire le gomme andando forte lo stesso, ha una visione di gara e si è visto a Montecarlo nel duello con Verstappen, un grande talento, dove ha saputo chiudere tutti i varchi al momento giusto e nel modo corretto. Uno così è davvero al top. Non mi stupirebbe vederlo arrivare un giorno alla Ferrari”.
La morte di Niki Lauda ti ha colpito, in quanto amico e connazionale. Cambierà qualcosa alla Mercedes?
“Non so se cambierà qualcosa nella squadra, di sicuro era una mente brillante e metodica. E pensare che quando sono arrivato in F.1 a me Lauda non piaceva affatto. Ero attratto dai piloti che ci mettevano il cuore, di quelli spettacolari alla Villeneuve, per dirla tutta. Lui era freddo, razionale, senza sbalzi, la negazione dell’emozione nel vedere un pilota impegnato in pista. Poi sono andato al Nurburgring, ho visto che Niki aveva fatto la pole in condizioni difficili e pure il record del tracciato di oltre 22 km. Mi sono detto, da pilota, che certe cose non le fai se non hai qualità, ovvero piede e cervello e Niki li aveva entrambe. Ho imparato ad apprezzarlo, ad essere amico. Poi abbiamo condiviso tanti momenti insieme. L’ho sentito poco prima della sua morte. Mi diceva che non voleva vivere attaccato a un macchinario, visto l’aggravarsi delle sue condizioni fisiche. Mi diceva che la sua batteria si stava scaricando e che era giunta al termine. Ma lo diceva sereno, razionale, come una cosa da affrontare al meglio come aveva sempre fatto. Gli spiaceva per i tre figli piccoli, lasciarli senza una guida, un lavoro instradato. Credo che uno come Lauda abbia vissuto 70 anni pieni, decidendo per sè e prendendo sempre la decisione più logica e razionale. Altri potrebbero vivere 1000 anni e non riuscirebbero a fare quello che ha fatto Niki in 70 anni di vita. Ho un gran ricordo e un grande affetto per lui, essere stato suo amico mi rende orgoglioso, così come aver potuto correre alla Ferrari e avere i suoi consigli. Quel cavallino, una volta che lo hai messo sul petto non l’hai stampato sulla tuta, ma ti entra nel cuore. Come era successo a Lauda, sepolto con la tuta della sua Ferrari”.
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