WTCR, CON GABRIELE TARQUINI, UN CAMPIONE A CAVALLO DI QUATTRO DECENNI

testo e foto MARCO FERRERO

 

 

Incontrare un grande campione è sempre non solo, come si dice, un piacere ed un onore, ma anche una grande emozione; se poi la persona è un pilota come Gabriele Tarquini, che può vantare una carriera ad alto livello di quarant’anni ed oltre nel mondo delle corse, con esperienze fino alla Formula 1, allora l’incontro diventa una più che ghiotta occasione per spaziare con lui a 360° sul mondo dei motori.

 

D: Lo scorso anno hai vinto tu, quest’anno Norbert, e siete dello stesso team, il BRC Gas Equipment; dato che è difficile ripetersi, qual è il punto di forza della vostra squadra?

R: Il punto di forza è proprio la squadra, vincere il campionato per due anni consecutivi con la stessa squadra non è assolutamente facile, soprattutto in un campionato combattuto come il nostro, dove con il “balance performance” ed altre cose le prestazioni sono livellate. Il nostro punto di forza è stato proprio il mettersi a disposizione l’uno dell’altro, Norbert lo scorso anno lo ha fatto nell’ultima gara di Macao, che mi ha permesso di vincere il campionato, lui mi ha dato una grossa mano, non lo poteva fare prima perché era anche lui in lotta per il titolo, quest’anno che ero un po’ fuori dai giochi l’ho fatto io, dalla Cina abbiamo deciso di concentrare i nostri sforzi per aiutare Norbert, e la cosa ha funzionato bene, dato che Norbert in qualche occasione ha avuto bisogno di una mano, poi ha fatto una stagione fantastica ed alla fine ha portato a casa il risultato.

D: La vittoria di Norbert è stata una sorpresa o era in qualche modo “nell’aria”?R: Norbert è un pilota molto, molto veloce, e il campionato se l’è giocato già in passato con il “vecchio” WTCC arrivando anche secondo, giocandosela sino all’ultima gara, dove ha avuto una sfiga pazzesca, ha rotto la pedaliera nelle qualifiche ed è partito dal fondo dello schieramento. Lui è uno dei piloti più veloci ormai da quattro – cinque stagioni, per cui era nel novero dei favoriti, per cui per me non è stata una sorpresa.

D: Come un campione come te trova ancora stimoli e motivazioni per lottare per la vittoria?R: Mah, innanzitutto l’amore e la passione che ho per questo sport, ho cominciato a correre che avevo 5 anni a girare con i kart, ho iniziato a correre che ne avevo 12, quindi indubbiamente la mia carriera è stata lunghissima, ho corso con tantissime macchine, diverse, dai kart alla Formula 3, alla Formula 2, fino alla Formula 1, poi macchine a ruote coperte, Le Mans, i prototipi, tantissime esperienze diverse, sempre però con la voglia di rimettersi in gioco, qui non si costruisce, come nello sport in generale, nulla per caso, i successi passati non ti garantiscono una carta vincente per il futuro, ogni anno bisogna rimettersi in gioco ed in questi campionati ogni anno essere pronti a fare a sportellate con tutti.

D: Qual è il “segreto” per rimanere un a così alti livelli per così lungo tempo?R: Un segreto non c’è, come ti dicevo, c’è la passione, il lavoro e la voglia di rimettersi sempre in gioco; tu dicevi che corro da quattro decenni, in effetti io corro da quando non c’erano la telemetria, gli ingegneri di pista, le analisi dati, siamo passati attraverso automobili completamente diverse, ho cambiato metodo di guida, approccio alle corse, metodo di lavoro, cioè è chiaro che per durare così tanto devi anche adattarti e devi essere bravo anche con l’elettronica, diciamo, io non sono un ragazzo nato con l’elettronica ma me la sono trovata nel corso della mia carriera.

D: In una carriera di 40 anni e oltre, nelle varie serie quali gli avversari più forti o che ti hanno messo più in difficoltà?R: Beh, ne ho avuti tanti, a cominciare da Stefan Johansson in Formula 1, a finire con Norbert lo scorso anno; quest’anno nel WRTC c’era un parterre di avversari favoloso, anche solo in Hyundai in un team c’eravamo io e Norbert, in un altro c’erano Farfus, che ho avuto insieme in Alfa Romeo, e Catsburg, che è considerato un pilota molto veloce, un astro nascente. Se dovessi fare un solo nome direi forse Tom Kristensen, che ho avuto ragazzo con me in Honda, e che poi in Audi ha vinto tantissimo, le 24 ore di Le Mans, è stato un pilota fortissimo con i prototipi ma era già un pilota fortissimo anche con le Touring cars.

D: Qual è stata, tra le vetture che hai guidato, se non quella “migliore”, quella che ti ha lasciato le sensazioni più forti?R: Io dico sempre che la macchina che ti regala le sensazioni più forti è la Formula 1, perché è la macchina più veloce in senso assoluto, però diciamo che la macchina da turismo ti permette di guidare con un altro stimolo, con un altro approccio, ti permette di toccare gli altri avversari, di avere un contatto, quasi come in un incontro di boxe, ti permette uno stimolo psicologico diverso, puoi incutere un timore all’avversario, entrano in gioco tanti fattori che con le monoposto non ci possono essere. Diciamo che la Formula 1 è in assoluto la macchina più bella da guidare, mentre la touring car è la macchina più bella per correre, il che la differenza non è dialettica ma sostanziale.

D: Come mai secondo te in Italia non ci sono corse del WTCR (e in Europa poche)? Eppure abbiamo tracciati adeguati… è un problema “politico”, di sponsor o che?R: Il problema è principalmente di sponsor e di soldi, nel WTCC e anche con il WTCR c’era una gara a Monza ma purtroppo nel corso degli ultimi anni non c’è un appuntamento in Italia. Io mi ricordo che nel 2009, l’anno che ho vinto il mondiale WTCC, avevamo due appuntamenti in Italia, correvamo ad Imola ed a Monza; questo è un peccato perché ci sono tanti appassionati, io ricordo di 50 – 60.000 persone a Monza. Ora corriamo tanto in Asia, loro hanno tanta voglia di automobilismo, hanno tanti soldi, l’automotive si è appena affacciato in quei paesi e loro chiedono le gare molto di più di un paese storico come può essere l’Italia.

D: Il sogno che ti è rimasto e che non hai raggiunto?R: Forse qualche risultato in più in Formula 1, nella mia carriera ho fatto un sesto posto in Messico nel 1989 che è stato quasi un miracolo, ecco, magari avrei voluto fare una carriera diversa in Formula 1, però in fondo non ho grossi rimpianti perché la mia carriera è stata lunghissima e mi sono tolto delle grosse soddisfazioni in altri ambiti che valgono almeno quanto la Formula 1.

D: Molti campionati importanti (WEC, WTCC, altri) hanno avuto ed hanno momenti di crisi; come mai secondo te campionati così importanti vanno incontro a momenti di crisi?R: I campionati sono ciclici, guardiamo per esempio il DTM che sta affrontando una delle stagioni più difficili, il WTCC quando è sparito nel 2017 c’erano solo più 14 – 15 macchine, un campionato fatto per costruttori che era diventato solo per privati, mentre questo, il WTCR, è stato pensato come campionato per i privati e privati non ci sono perché sono quasi tutti ufficiali. E’ certamente una bilancia, non è facile programmare una serie che duri tantissimi anni, a parte la Formula 1, che vive di luce propria da tantissimi anni e genera un indotto, soprattutto a livello televisivo, gigantesco, e quindi ha i mezzi per mantenersi sempre. Le altre categorie si devono un po’ “arrangiare”; però il campionato Turismo, che ha vissuto anche con altri nomi ed a cui ho partecipato sino nella prima edizione del 1987, è rimasto sempre in piedi, ci sarà sempre spazio per una categoria turismo internazionale perché le macchine sono le più vicine a quelle di serie, ci saranno sempre dei costruttori che si vorranno far conoscere attraverso questo tipo di campionati.

D: Il problema più grande del mondo del motorsport e come si potrebbe affrontarlo / risolverlo?R: Adesso c’è un allontanamento delle nuove generazioni , io vedo che andando in giro, anche in Italia, i ragazzini non amano le macchine come le amavo io o come quelli della precedente generazione, c’è stato un allontanamento globale dal motorsport; quello che non si capisce è che staccando soprattutto il mondo della Formula 1 dal mondo reale, facendolo vedere solo ed esclusivamente in televisione e su dei paesi lontanissimi, ci sarà un salto generazionale che genererà un “buco” che sarà difficile poi da colmare. Io vedo campionati, come in Inghilterra, dove comunque c’è sempre un contatto “reale”, dove si avvicinano le famiglie e le persone al mondo delle corse, e questa sarebbe la strada da seguire.

D: Parliamo di sicurezza in un’ottica a 360°; c’è da lavorare ancora più sulle auto o sui circuiti?
R: Secondo me in tutti e due i campi; i tracciati, al di fuori degli standard della Formula 1, lo vedo anche nel nostro campionato, prevede dei circuiti che non sono, tra virgolette, molto sicuri, noi corriamo nel Nordschleife, il Nurburgring vecchio, corriamo a Macao, corriamo a Villareal, insomma in posti dove la sicurezza non è ai massimi livelli La nostra è una macchina molto sicura, di certo si può e si deve fare molto di più, c’è comunque fa fare ancora in entrambi i casi,.C’è un avvicinamento alle famiglie ed agli appassionati, si tende a correre nei circuiti cittadini e questo per certi aspetti è un bene, però ci sono dei circuiti dove effettivamente si rischia veramente tanto.

D: Un tuo parere sulla Formula E?
R: Ho guardato, è un modo diverso di generare fascino per le corse, però sta andando molto bene, si avvicina anche alle nuove tendenze ambientali pur mantenendo la sua connotazione sportiva.

Con un “signore dei circuiti” come Gabriele Tarquini non si smetterebbe mai di parlare, tanti sono gli spunti che la sua carriera e la sua intelligenza possono proporre, ma purtroppo , come si suol dire, il tempo è tiranno… la speranza è quella di poter avere presto un’altra opportunità; nell’attesa non si può che ringraziarlo per la cortesia, la disponibilità e gli spunti di riflessione che questa conversazione ha lasciato.

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