F.1, Monza 78 dall’emozione Gilles ai 1000 GP di Shangai

Gilles Villeneuve in Parabolica a Monza, foto tratta dal web, copyright sconosciuto
Non era nemmeno troppo tardi, quel venerdì mattina che partimmo con l’immarcescibile Ford Escort del Signor Antonio.
Stavamo seduti sul sedile posteriore, avevamo gli occhi fissi che sembravano scorgere, fuori dal finestrino, paesaggi campestri ancora infuocati dai colori sgargianti dell’estate.
In realtà il pensiero era altrove, lo sguardo veleggiava già da giorni su altre Immagini, altre Scene, altri Sogni, trascinato dal cuore che, quella mattina, batteva già forte prima di salire in macchina…
Stavamo andando, per la prima volta nella nostra giovane vita, a vivere quella Passione che avrebbe contrassegnato indelebilmente il resto della nostra esistenza.
Stavamo andando ad assistere alla Prima Giornata di Prove valide per il 49esimo Gran Premio d’Italia. Otto settembre millenovecentosettantotto.
Ci accorgemmo di essere giunti a destinazione, quando, attraversato un passaggio a livello, ci si presentò davanti agli occhi il Maestoso muro del Parco di Monza, altissimo, impenetrabile,
coronato sul bordo superiore da appuntitissimi aculei in ferro, sinistri quanto minacciosi… Il Signor Antonio parcheggiò la Ford in un prato. Scendemmo. C’era un sacco di gente in giro.
Ci avvicinammo al Muro. “Dobbiamo scavalcare qui!” urlò qualcuno. Nemmeno il tempo di farci prendere dal panico che il Signor Antonio ci issò più in alto possibile verso la sommità, l’agilità dei nostri tredici anni fece il resto. Ricordo che rimediai un taglio a L nei pantaloni, altezza ginocchio destro, impigliandomi in uno di quegli aculei assassini.
Ma nessuna ferita. E, anche se fosse stata, non avrei certo avvertito alcun dolore. Il cuore batteva all’impazzata, mentre correvamo verso la nostra meta: la Tribuna all’esterno della Seconda di Lesmo, allora una delle più terribili ed impegnative Curve dell’intero panorama dei Circuiti Mondiali. Purtroppo però, quasi in fondo alla stradina polverosa che portava al cancello ci imbattemmo in un Vigile Urbano, adibito al Servizio d’Ordine, che ci intimò di seguirlo verso l’uscita. “Vi ho visto scavalcare il muro!” disse. “Voi dovete uscire. E dovete uscire subito! Dove sono i vostri accompagnatori?” Non avemmo il tempo di rispondere che un amico del Signor Antonio salutò gentilmente il vigile: “Buongiorno Colonnello. Vede, sono ragazzini…”. In quel preciso istante l’attenzione del vigile fu attirata da altre persone che, dalla sommità del Muro, stavano penetrando all’interno del Tempio della Velocità. “Aspettatemi qui! Non muovetevi!”. Troppo tardi, eravamo già scattati. Tutti. Signor Antonio compreso. A noi ragazzi ci infilarono in un auto che si stava dirigendo verso il Parcheggio della Tribuna. Ci arrivammo, quasi tramortiti dallo scampato pericolo, ma felicissimi. Salimmo i gradini in ferro quattro a quattro. Finalmente Lei! La seconda di Lesmo!
La prima Meraviglia che vedemmo passare fu la Ensign N177 di Derek Daly, col suo casco scuro sovrastato dalla freccia gialla. Rumore lancinante, quasi insopportabile, amplificato dall’effetto eco della tettoia della vecchia, arrugginita tribuna, ancora con le onduline in metallo grigio.
Quella che però ci spaccò letteralmente i timpani fu però la Ligier Gitanes JS9 di Jacques Laffite, spinta dalla Musica Poderosa del V12 Matra. Un dolore lancinante alle orecchie che ci costrinse a tapparle con gli indici delle mani. Si stavano svolgendo le Prove del mattino del Venerdì di Monza. Preludio al Gran Premio d’Italia di F.1. Una ricorrenza da allora immancabile e mai più mancata. Una ricorrenza attesa, sognata, desiderata, amata.
Per qualcuno colpa della lucidissima, bellissima, luccicante Lotus 79 JPS, che sfrecciò velocissima, nella sua stordente avvenenza, quasi fosse un oleogramma, un dipinto ad olio, con i riflessi che colpirono tutti al cuore…
Per me il coupe de foudre arrivò subito dopo. Scorgemmo uscire dalla Prima di Lesmo, lambire il guard rail subito esterno alla Pista (niente via di fuga, allora), un Lampo Rosso. Almeno, sembrava Rosso…
Subito il Piccolo Pilota all’interno piegò la testa verso l’interno e buttò di viva forza quel Lampo Rosso dentro la Curva, mostrando le Fattezze Sublimi della 312 T3… Mi commuove ancora adesso, pensare a quel Momento.
Per me è stato Il Momento. Quando tutto cominciò.
Seguivo già da un po’ la Formula Uno, mi arrabbiai quando Clay Regazzoni perse il Mondiale al Glen, gioii quando Lauda lo conquistò l’anno dopo, tremai per il suo incidente al Nurburgring quel primo di agosto…
Ma lì su quella Tribuna, sopra la Seconda di Lesmo, sentii la scossa. Quando vidi quel Casco piegarsi a destra, caddi. Vittima di un Amore Enorme. Incondizionato. Incontrovertibile. Infinito.
Era il 49esimo Gran Premio d’Italia. Il 311esimo della Storia della Formula Uno Moderna.
Ora ci stiamo avvicinando a grandi passi al Numero 1000. Tantissime Emozioni hanno accompagnato le Gesta di Innumerevoli, Inarrivabili Campioni.
La Tribuna sopra la Seconda di Lesmo non c’è più e non c’è più bisogno di portare gli indici alle orecchie per porle al riparo dalla Musica che fu.
Non sono più un ragazzino. Ora sono diventato un individuo adulto. Anche se la testa continua a piegarsi nel senso della curva, quando guido la mia auto di tutti i giorni. Tante volte verso altre Tribune, altre Curve, quasi per rivivere all’infinito quella Prima, Grandissima Emozione… Non finirò mai di ringraziare il Signor Antonio, che ci portò lì. E nemmeno quel Vigile Urbano, il “Colonnello”, che ci lasciò andare, forse, perché vide quella Luce nei nostri Occhi… perché sapeva che stava accadendo qualcosa di Grande… perché sapeva che stava per nascere un Amore.
TANTISSIMI AUGURI, CARA FORMULA UNO! MILLE DI QUESTI GRAN PREMI!
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