Formula 1, 1000 di questi GP: gli anni Settanta e Ottanta Parte 2

 

Gli anni Settanta, quelli della rivoluzione

Nella storia della F.1 il decennio degli anni 70 ha rappresentato una vera e propria rivoluzione. Tecnica, con il proliferare dell’aerodinamica, ma anche dell’innovazione motoristica. Furono gli anni dei motori V8 Cosworth e Alfa Romeo, ma anche dei 12 cilindri Boxer della Ferrari e dei V12 e H16 della BRM, dei 12 cilindri Matra e della rivoluzione turbo introdotta da Renault nel 1977. Un decennio in cui la Ferrari è tornata a vincere il mondiale, due volte con Lauda e una con Scheckter, la nascita della stella Gilles Villeneuve e tante gesta che solo in parte il film Rush di Howard ha potuto raccontare. E’ stato il decennio in cui si è cominciato a parlare di sicurezza. Coi serbatoi anti incendio, alcuni promossi dall’ingegner Carlo Chiti dell’Autodelta Alfa Romeo, ma anche coi caschi, ormai tutti integrali e non più jet aperti. Jackie Stewart è stato uno degli antesignani, ma gli anni 70 hanno portato la F.1 nelle case dei tifosi.

Per fare un esempio, il GP d’Italia del 1971, vinto in volata da Ghetin, su BRM, fu trasmesso in alternanza con una gara di ciclismo. Pochi giri da Monza e poi lunga pausa con le bici, altro collegamento da Monza e ancora ciclismo. Alla metà del decennio, grazie anche al diffondersi in Italia della TV a colori, la F.1 entrò prepotente nelle case della gente, diventando sport di massa. La Ferrari era la nazionale tricolore, gli inglesi, i garagisti come li chiamava Enzo Ferrari, i rivali storici. Ma c’erano anche altre realtà italiane, piloti nostrani che si affacciavano nel panorama mondiale.

 

 

E poi gli incidenti. Drammatici, col fuoco a farla da padrone. Un decennio in cui sono periti grandi nomi, Rodriguez e Siffert nel 1971 (e per giunta in gare non titolate, il primo con una Ferrari 512 e il secondo a fine stagione a Brands Hatch) ma soprattutto la tragedia di Ignazio Giunti a Buenos Aires con la Ferrari 312 PB, che esplose nell’incidente contro la Matra di Beltoise che spingeva la macchina per entrare ai box. Nel 1973 la TV mostrò in diretta il dramma Williamson in Olanda, auto cappottata e pilota bruciato vivo coi commissari inerti mentre Purley cercava di salvarlo da solo. La disperazione e il brivido entrarono nelle case di milioni di telespettatori. E poi Sudafrica, con la tragedia Pryce e il commissario morti sul colpo, Monza 1978 con il fuoco e la morte di Peterson.

 

La tragedia di Graham Hill e Tony Brise, astro nascente, periti in un incidente aereo, così come Carlos Pace, grande campione brasiliano. La F.1 attirava, ma terrorizzava. Gli alettoni consentivano velocità maggiori, gli sponsor cominciarono a prendere il sopravvento grazie alla TV. Il circo divenne un baraccone in cui le scritte, le modelle, i soldi cominciavano a circolare fuori misura. E qui intervenne un genio: Bernie Ecclestone. Il primo che riuscì a coalizzare i team, a firmare contratti con le TV e a farsi pagare, distribuendo poi i soldi alle squadre che avevano così altri introiti. La Ferrari e le sue vittorie, le gesta di Gilles, contribuirono a livello mondiale a sancire il successo della F.1 in quel periodo.

 

Gilles Villeneuve su Ferrari 312 T4 nel 1979

 

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